Dopo lo scandalo Oxfam l’affaire degli abusi sessuali da parte dei cosiddetti operatori umanitari sembra ingrossarsi e travolgere l’intera costellazione delle Ong.
In un’intervista alla BBC la cooperante Danielle Spencer denuncia la pratica diffusa all’interno dell’ONU di barattare sesso in cambio di aiuti umanitari, dal cibo alle cure sanitarie.
“Tenevano gli aiuti ‘in ostaggio’ fino a che le donne non si concedevano”, spiega la cooperante. La pratica è così diffusa che le donne in Siria si rifiutano di recarsi da sole presso i centri distribuzione umanitaria, terrorizzate dal poter subire abusi sessuali. Questo orribile fenomeno sarebbe noto dall’inizio della guerra in Siria e vari operatori umanitari hanno esposto denuncia nel corso degli anni. Un rapporto ufficiale, presentato durante una conferenza di agenzie dell’Onu e organizzazioni umanitarie in Giordania tre anni fa, aveva rivelato come il 40% delle donne avessero subito violenze sessuali in Siria durante la distribuzione di aiuti umanitari. Eppure la questione è passata in sordina, volutamente insabbiata.
Le organizzazioni non governative dalla loro nascita si sono sostituite ai governi nazionali nella funzione politica e sociale, completando il processo di esautorazione della sovranità dello Stato.
Rispondendo alla logica del libero mercato, esse rappresentano l’esternalizzazione dell’assistenzialismo e della solidarietà, che viene affidata a soggetti “terzi”, in linea di principio senza legami e implicazioni territoriali e politiche, ma che di fatto hanno creato un business sulla povertà e sulla disperazione, come le Ong che finanziano i viaggi dei migranti.
Ora si scopre che milioni di poveri e disperati non rappresentano solo una merce su cui lucrare, ma addirittura l’oggetto di soddisfacimento delle proprie pulsioni più basse e brutali, depredando esseri umani in condizioni disperate della propria dignità. E’ la deriva bestiale e disumana dell’umanit-arismo, più ributtante addirittura dello schiavismo per ipocrisia e immoralità.
Tratto dal blog di ILARIA BIFARINI del 28/02/2018