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La Costituzione nella Palude – Luciano Barra Caracciolo

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1. Come molti sapranno, domani a Pescara al Convegno “Euro, mercati, democrazia 2015“, organizzato da a/simmetrie, (IV edizione, del c.d. Goofy compleanno), presenterò in serata, (ultimo evento della prima giornata), il libro:
LA COSTITUZIONE NELLA PALUDE- Indagine su trattati al di sotto di ogni sospetto“.

La copertina che vedete riprodotta sotto (e spero che l’immagine non dia problemi), ve la integro subito con le altre indicazioni che trovereste avendo materialmente per le mani il libro.

a) Sinossi per le bandelle (ovverosia quel che trovate scritto nei risvolti di copertina):

LA_COSTITUZIONE_NELLA_PALUDE“La collisione tra il modello della democrazia costituzionale e la società oligarchica immaginata (e dissimulata tatticamente) nella “costruzione europea” non nasce dalla crisi economica degli ultimi anni.
Si tratta di una contrapposizione che risale al momento stesso in cui, a cavallo tra gli anni ’30 e ’40 del secolo scorso, vengono elaborate le teorie federaliste europee, da un lato, e i principi di democrazia economica che prenderanno corpo nella Costituzione, dall’altro.
Le teorie federaliste sono, fin dalla nascita, il vettore della restaurazione neo-liberista rispetto ai modelli di società pluriclasse e di democrazia partecipata incentrati sul welfare, inteso come sistema costituzionalizzato di risoluzione del conflitto sociale: tutta la costruzione europea si snoda lungo una linea di riaffermazione dell’atipica sovranità, internazionalistica, delle leggi del mercato, in contrapposizione, irriducibile, alla sovranità democratica nazionale dei diritti sociali, cioè ai paradigmi di democrazia affermati nelle Costituzioni. All’iniziale prevalenza della Costituzione, nell’immediato dopoguerra, contrassegnato dal tentativo di realizzare la democrazia del lavoro, è seguita, nei decenni successivi, una strategia di contenimento che, irresistibilmente, proprio attraverso il federalismo europeo, ha condotto alla rivincita del modello sociale ed economico del capitalismo finanziarizzato e liberoscambista.
Oggi, la situazione è giunta a un drammatico “redde rationem”: la stessa Costituzione del 1948 rischia di venire cancellata nella sua effettività e, con essa, tutte le conquiste della democrazia sostanziale ottenute dopo la tragedia della seconda guerra mondiale.”

Sul retrolibro (quarta di copertina), trovate:

“Certamente, l’azione dello Stato dovrebbe essere attenta a evitare che pochi, e male, si giovino della spesa pubblica, indirizzandola verso il massimo allargamento collettivo dei suoi effetti positivi sulla domanda aggregata nazionale. Ma questa “ottimizzazione” non è stabilita a piacimento dei governi: essa, piuttosto, risponde alla superiore indicazione contenuta proprio nella Costituzione”.

2. Il libro sarà disponibile in vendita in libreria e sui siti on line, nonchè in versione e-book, a partire dal prossimo 4 dicembre.

E’ dunque possibile ordinarlo da subito (presso le librerie di vostra scelta), secondo quanto mi ha assicurato l’editore, dato che ciò – l’arrivo di prenotazioni – faciliterà gli agenti a collocare degli ordini di acquisto da parte degli stessi librai.

Per ogni ulteriore informazione e per avere anche la possibilità di un ordine “diretto” (da quanto ho capito), potete rivolgervi alla casa editrice Imprimatur, partendo da questo link da loro stessi fornitomi.

 

Il tramonto dell’euro

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Ne “Il tramonto dell’euro” Alberto Bagnai muove guerra ai luoghi comuni sull’economia che imperversano ormai da tempo in qualsiasi talk-show televisivo. La crisi della zona euro è prima di tutto una crisi politica, che discende dalla mancata volontà dei partecipanti di trovare soluzioni cooperative. Ecco perché può esistere un nuovo “europeismo antieuro”.

di Gennaro Zezza*

A giudicare dalla frequenza delle ristampe, “Il tramonto dell’euro” (euro 17, pp.414), scritto da Alberto Bagnai per Imprimatur, sta avendo un meritato successo. Il libro riorganizza ed integra l’analisi della situazione dell’area euro che l’autore ha costruito progressivamente sul suo blog (goofynomics.blogspot.it) nel corso di diversi mesi, stimolando interessanti dibattiti con i lettori del blog stesso.

Il blog ed il libro partono da una constatazione molto condivisibile: il dibattito sui temi economici che arriva dai mass media in Italia è talmente distorto, ideologico e in contrasto con i dati, da rendere urgente operazioni di divulgazione che ristabiliscano semplici verità, spesso di una banalità sconcertante: il titolo del blog, goofynomics da Goofy, il nome americano di Pippo, deriva da una battuta del personaggio Disney: “È strano come, vista dal basso, una discesa somigli ad una salita”. Passando all’economia, lo stesso principio si traduce nel fatto che un taglio della spesa pubblica (denaro in uscita) è un taglio dei redditi (denaro in entrata) di qualche dipendente o fornitore pubblico; il debito pubblico è anche credito, ossia ricchezza, per qualcun altro; se una moneta si svaluta ce n’è un’altra che si rivaluta, e così via.

Armato di queste semplici verità, oltre che di sedimentati modelli interpretativi, ne “Il tramonto dell’euro” Bagnai muove guerra al “luogocomunismo”, un suo neologismo che sintetizza posizioni sentite fino allo sfinimento in qualsiasi talk-show televisivo, ma anche nelle dichiarazioni di molti politici, a destra come a sinistra.

Si incomincia col demolire la “beatificazione” degli investimenti esteri, che tutti sembrano desiderare dimenticando che questi investimenti non sono altro che l’acquisizione di società italiane profittevoli (difficilmente gli investitori esteri fanno beneficenza), cui seguiranno in futuro riduzioni nel reddito nazionale, quando i profitti verranno trasferiti al nuovo proprietario all’estero.

Si passa poi a ricordare che un Paese che basi la sua crescita sulle esportazioni, generando un surplus commerciale, ha bisogno di almeno un altro Paese disponibile ad avere un deficit commerciale. Squilibri commerciali si rispecchiano in squilibri finanziari: se l’Italia compra più merci dalla Germania di quante non riesca a venderne, vedrà aumentare il suo debito estero netto. Il surplus commerciale si può sostenere solo fin quando il Paese in surplus è disposto a finanziare i suoi partners. E una volta creati gli squilibri commerciali, se si pretende che i debitori rimborsino i loro debiti, i Paesi in deficit dovranno sottrarre risorse da indirizzare all’estero, generando una recessione che a sua volta ridurrà gli acquisti dal Paese in surplus, che a sua volta vedrà sì aumentare i redditi dei creditori, ma vedrà anche crollare le vendite delle sue imprese. Né si può proporre a tutti i Paesi in deficit di adottare a loro volta politiche di crescita basate sulle esportazioni: se tutti esportano, chi acquista?

Bagnai demolisce poi la demonizzazione delle svalutazioni, mostrando che in Italia queste sono servite – prima dell’euro – a ripristinare perdite di competitività, piuttosto che come politiche commerciali aggressive, e che il loro impatto sull’inflazione è stato modesto.

Fatta piazza pulita dei luogocomunismi, Bagnai mostra come l’impianto istituzionale che governa la zona euro sia destinato al fallimento, come già autorevoli economisti avevano previsto prima della sua istituzione, per la mancanza di meccanismi di aggiustamento a fronte degli inevitabili squilibri che emergono in un’area che adotta una valuta unica ma che ha tassi di inflazione e livelli di sviluppo differenti, e mercati del lavoro non integrati. Se i Paesi dell’area euro avessero voluto effettivamente perseguire gli obiettivi dell’unificazione, in primis garantire lavoro e benessere ai cittadini europei, le priorità politiche sarebbero state altre, e non si sarebbero tollerate politiche neo-mercantiliste che non potevano che generare squilibri insanabili. La crisi della zona euro è quindi prima di tutto una crisi politica, che discende dalla mancata volontà dei partecipanti di trovare soluzioni cooperative.

Stando così le cose, è inevitabile il tramonto dell’euro ed il ritorno a valute nazionali, con una previsione di svalutazione della neo-lira dell’ordine del 20% sul neo-marco, o meglio con un modesto apprezzamento del neo-marco sulle altre valute della periferia. Con il ritorno a valute nazionali è possibile – ma non scontato – il ritorno alla sovranità monetaria e alla possibilità di finanziare deficit pubblici a basso costo, come già in Italia fino al “divorzio” del 1981 tra banca centrale e Tesoro. Ripristinando il controllo sulle modalità del finanziamento dei deficit pubblici, si può finalmente tornare ad indirizzare la politica economica verso quella che ci sembra la priorità assoluta: l’eliminazione della povertà e della disoccupazione.

Quel che ho apprezzato in particolare ne “Il tramonto dell’euro” è lo spirito di fondo davvero europeista, e lo sforzo di proporre nuove istituzioni – in particolare nuovi meccanismi di gestione delle valute – che consentano la cooperazione tra i Paesi europei verso uno sviluppo equilibrato dei singoli Paesi. Cosa ben diversa dalla attuale contrapposizione mediatica tra “europeisti”, che nel difendere le attuali istituzioni europee perpetuano meccanismi di salvaguardia dei creditori (i sistemi finanziari dei Paesi centrali) a danno dei Paesi periferici, con le conseguenze che abbiamo sotto gli occhi in Grecia, Portogallo, Spagna e sempre di più anche in Italia, e “populisti” che nel contrapporsi ai primi fanno leva su sentimenti nazionalisti che dubito possano essere sufficienti a risolvere gli attuali problemi europei.

Il libro è scritto in modo brillante, e con un approccio divulgativo che, ci auguriamo, sarà utile a farne un punto di riferimento importante nel dibattito italiano.

* Dipartimento di Economia e Giurisprudenza, Università degli studi di Cassino e del Lazio Meridionale (14 dicembre 2012)

Articolo tratto da Micromega del 14 dicembre 2012, “Abbandonare l’Euro per ritrovare l’Europa

Un altro commento del libro a cura di Sergio Cesatatto su Politica&EconomiaBlog del 3 aprile 2013

 

LINK al capitolo del libro tagliato per motivi di spazio: “Il romanzo di centro e di periferia”