Di seguito uno scambio di battute sul voto “online” durante il 2009, ultimo anno delle “liste civiche a 5 stelle” prima del debutto, alle regionali 2010, del M5S col logo e nome attuale.
Si discuteva di voto online, sullo scetticismo che c’era allora come oggi, sul fatto che il movimento aveva un sano attivismo ma anche un buon grado di retorica e di ideologia e di miti come quello della tecnologia, della diversità antropologica.
Si dicevano anche cosa del tipo… “Spesso quando si va a fondo su un argomento, si scopre di avere un gap ideologico. Questo del voto on-line è un esempio. Ma si vede la stessa cosa sulle materie che si conoscono come, per esempio, sul rapporto tra tecnologia ed efficienza energetica”.
Quindi… scriveva Giovanni:
Premetto che non è polemica, ma solo una osservazione. Tanti buoni propositi ma poi nella pratica si sono ripercorsi gli stessi schemi. Mi riferisco alla modalità di selezione dei candidati, alla scelta dei candidati a Sindaco ed alla composizione del progamma. Per le notizie che ho letto in rete, nessuno a usato il metodo delle primarie aperte per la scelta del candidato sindaco. Le motivazioni di questa scelta sono state qusi tutte identiche: paura. Paura di infiltrati, paura di perdere il controllo, paura del confronto aperto, paura della forza delle nostre idee. Ovvero paura che un confronto troppo aperto avrebbe potuto modificare gli “equilibri”.
Risponde Vittorio: La questione è molto importante, dunque vorrei chiarire meglio alcune cose. Premetto (sperando che non venga preso come un segno di presunzione) che io ho una competenza specifica piuttosto sviluppata sull’argomento “democrazia web” (per usare il nome che ha usato Beppe) da ben prima di entrare nel mondo dei meetup. Ancora durante gli studi universitari, ho cominciato a partecipare alle discussioni globali sulla gestione di Internet e poi sulla creazione di metodi democratici per il governo della globalizzazione e delle risorse comuni mondiali. Grazie a questo – dato che all’estero, se vali, ti riconoscono – ho cominciato a venire invitato a conferenze di vario genere, inclusi i summit delle Nazioni Unite sul tema, e sono stato nominato in varie posizioni di rilievo. Tra le altre cose, nel 2004 Kofi Annan mi ha nominato nel gruppo di lavoro che ha definito le strategie delle Nazioni Unite per la governance di Internet (l’altro nome italiano che circolava era l’allora ministro Stanca, ma lui non lo vollero).
In particolare, nel 2000 sono stato uno dei candidati delle elezioni At Large di ICANN, ossia il primo esperimento di elezioni mondiali online per scegliere un certo numero di rappresentanti degli utenti della rete all’interno degli organismi che la governano. Furono una specie di primarie: chiunque poteva registrarsi online per votare (lo fecero in oltre 150.000 da tutto il mondo) e scegliere tra circa 200 candidati autonominatisi. Fu un esperimento bellissimo, ma anche un grande fallimento, tanto che non venne più ripetuto e che poi per vari anni discutemmo su opzioni alternative basate su un certo numero di livelli intermedi (tenete conto che a livello globale ci sono grossi problemi aggiuntivi derivanti dalle differenze linguistiche e culturali e dal digital divide). Perchè?
Per riassumere, il problema fondamentale è che per avere una elezione democratica e significativa non basta dare un voto a ogni testa e ammettere chiunque come candidato. Ci sono altre condizioni: una è che l’elettorato partecipante sia effettivamente rappresentativo di chi ha il diritto di voto, mentre con numeri di partecipanti troppo ridotti prevale semplicemente chi è in grado di “mobilitare gli amici”. In quel caso, un po’ ovunque ma specialmente in Asia per via della loro cultura naturalmente gerarchica, i governi locali dei vari Paesi scelsero un “candidato ufficiale” e poi organizzarono campagne di stampa e persino concorsi a premi per convincere la gente a registrarsi e a votare per lui, senza nemmeno sapere esattamente per cosa si stesse votando; e naturalmente fu eletto il candidato ufficiale del governo cinese.
Un’altra condizione è che esista una informazione imparziale ma ben organizzata, o comunque qualche metodo per assicurare le persone sulle idee effettive dei vari candidati in un tempo ragionevole. Nelle primarie europee c’erano qualcosa come 50.000 elettori e quasi 100 candidati: solo pochissimi elettori molto motivati si presero la briga di leggere uno per uno i programmi dei 100 candidati; la maggior parte votò per quelli che stavano nella prima schermata o per il primo che trovava che veniva dalla propria nazione… Paradossalmente, l’esistenza di raggruppamenti (“liste” o “partiti”) o un limite al numero di candidati avrebbe aiutato molto, perché avrebbe ridotto il numero di opzioni da considerare e permesso agli elettori di fare una scelta razionale.
Infine ci furono problemi con la certificazione delle identità dei votanti; online è possibile crearsi un numero qualsiasi di false identità e con esse costruirsi pacchetti di voti per alterare il risultato. In quel caso si scelse il metodo della lettera: per verificare l’effettiva esistenza della persona che si era registrata online, si inviava una lettera con la password all’indirizzo fisico fornito. E’ un buon metodo, anche se presenta dei costi, ma anche così
sono possibili brogli di ogni genere… Non parliamo poi se (come sembrava ipotizzare Beppe) si adottasse la sola registrazione online con indirizzo di e-mail…
Dopodiché, il dopo fu anche peggio; le persone elette con questo sistema non avevano alcun legame con i loro elettori e si fecero sostanzialmente i fatti propri; al massimo avrebbero avuto interesse ad assumere posizioni demagogiche davanti a una “massa” indistinta, ma non avevano alcun rapporto diretto con rappresentanti di altro tipo (come le associazioni di utenti più piccole) o persone con il tempo e la voglia di stargli dietro.
Spero che questo vi abbia spiegato il perché della mia reazione un po’ allarmata, leggendo un annuncio dal quale traspare la possibilità che Beppe e i Casaleggio, per troppo entusiasmo verso il mezzo, facciano gli stessi errori che furono fatti a livello mondiale dieci anni fa e che ormai sono noti e studiati anche scientificamente. Io sono pienamente convinto che la democrazia diretta tramite Internet sia un obiettivo meraviglioso, ma attenzione, non è tutto oro quel che luccica; se la si fa in modo incauto, il risultato può essere anche peggiore di quello ottenibile con i vecchi sistemi.
Per questo non mi scandalizza che non si facciano tante primarie nel movimento (poi l’altro giorno le ho proposte io alla rete piemontese, anche se mi han subito cassato). Si possono fare primarie efficaci nel momento in cui si dispone di una base forte, certificata e identificata con sicurezza, informata, partecipe, conscia di ciò che si sta facendo e dell’effettivo valore delle varie opzioni in gioco (in questo l’idea di Beppe è buona, ma ci vorranno anni e varie azioni specifiche per assicurarsi che tutte queste condizioni siano verificate).
Una primaria giocattolo, con 50-100 votanti registrati un po’ a caso tra chi passa dal meetup, rischia di essere dannosissima, aperta a manipolazioni di ogni genere, non rappresentativa dei cittadini o foriera di un risultato sostanzialmente casuale – per non parlare del fatto che siamo tutti volontari e che un candidato molto popolare ma sgradito a quel gruppetto di attivisti che poi si deve fare il mazzo volontariamente in campagna elettorale difficilmente avrà successo, più facilmente provocherà spaccature e delusione e scarsi risultati per mancanza di convinzione tra gli attivi. A quel punto è meglio un candidato scelto dal gruppo che lavora, preparandosi poi ad allargare le cose per il futuro.
Io sarei ben contento di condividere le mie conoscenze in materia col resto del movimento e con lo staff di Beppe, ma non c’è stato assolutamente modo; e anche questo mi preoccupa un po’. Comunque, tutti noi che siamo sul territorio e abbiamo sperimentato dall’interno la “vita vera” di una lista civica abbiamo buoni suggerimenti su come organizzare le cose, che derivano dall’esperienza. Spero veramente che ci sarà occasione a breve di parlarne con Beppe.