Si fa un gran parlare su vari siti e blog, di comunicazione politica manipolata, di “suggeritori occulti”, di complotti.
Seguono a ruota, per “restare sul pezzo” (selettivamente scelto) vari giornali e televisioni che sfornano questo o quel commentatore che si esprime e dice la sui metodi altrui.
La comunicazione diventa “tossica” quando viene strutturata non tanto secondo “tecniche retoriche” (che sono sempre esistite) ma da quando vengono utilizzati in maniera sistematica sistemi di manipolazione e di costruzione del messaggio.
Dopo la trasmissione “Piazza Pulita” in molti – anche del movimento 5 stelle – hanno chiesto che Grillo (o Casaleggio) parlassero e chiarissero… Questo mi da lo spunto per approfondire il tema.
Il sistema di comunicazione importato da Casaleggio – e che esiste da una ventina di anni, ovvero da quando la rete nel resto del mondo ha cominciato interattivamente a svilupparsi, in particolar modo con listserver, chat, gruppi di discussione e poi blog – segue piccole e semplicissime regole, che è bene dire, anche per “riconoscerle”.
I temi
I temi trattati non possono essere “spontanei”, perché devono essere svolti in una direzione precedentemente stabilita. Per fare questo vanno “testati” – non solo per argomenti, ma anche nella scelta delle parole, nella sintassi e nella semantica – affinchè successivamente possano essere “aggreganti”.
È quello che su twitter è conosciuto come “hash tag” – che in maniera immediata individua e crea un gruppo di discussione e un tema e aggrega le persone in un “luogo”. Nello specifico, vengono creati dei “luoghi di discussione paralleli”, cadoinpiedi, tzetze (questi due siti non esistono più), chiarelettere, in cui lanciare temi ed argomenti, simili ma semanticamente declinati in modo differente.
Si comprende come e quale sia quello di maggiore aggregazione e soprattutto con maggiore capacità aggregante, si formula un messaggio semplice, e lo si rilancia in maniera massiccia sul “portale principale”.
Il “nuovo messaggio” parte dalla massa critica già raccolta di utenti che hanno partecipato precedentemente, che in maniera consapevole (pochi e i primi) rilanciano, e gli altri, di conseguenza, attraverso un sistema di sarin diretto (condividi sui social network ad esempio) o indiretto (mi piace, retwitt, commento indicizzato…)
I temi trattati diventano anche “parole tag a incrocio semantico”. Il che significa, nel linguaggio degli algoritmi usati dai motori di ricerca, dagli rss, dai feeds, e così via, che su ognuno dei temi chiave avverrà l’incrocio immediato (per rilevanza, data da rilanci condivisioni e commenti) tra il sito/blog/autore e il tema trattato. Nello specifico, è immediato che sui temi caldi, e più sentiti dalle persone, e più ricercati in rete, automaticamente apparirà che quel blog ne ha parlato in maniera rilevante.
Gli influencers
Chi sono e come si muovono lo abbiamo già detto
http://micheledisalvo.com/2012/08/20/chi-sono-e-cosa-fanno-gli-influencers/
Possiamo aggiungere che la loro è una funzione essenziale nella parte iniziale del rilancio del messaggio. A questo articolo un utente ha posto una domanda/problema interessante, che riprongo con la mia risposta:
Rimane sempre il dubbio se realmente quel contenuto / prodotto / idea / video sia condivisa perchè veramente valida. Ovvero come faccio a capire se sono infulencers quelli che lasciano commenti ecc. per un contenuto che poi in realtà veramente ha un valore reale e positivo?
Non posso sempre pensare che una cosa solo perchè largamente condivisa, apparirà tale perchè vi sono bot e fake che così vogliono farla apparire, cioè accettata da tutti… diventa difficile distinguere quindi la realtà con i falsi.
Bisognerebbe trovare un modo per far si che le macchine non vengano introdotte in internet e interagiscono con la vita degli utenti umani che navigano sul web. Ma come, se tanto basta creare un account fasullo e nessuno lo riconoscerebbe?
Questo nel caso di semplici navigatori non esperti di informatica e senza mezzi per creare fake sofisticati e veritieri. Chi invece ha a disposizione tali risorse e competenze può creare bot e fake ancora meglio camuffati!
Mi verrebbe voglia di non andare + su internet, ma è impossibile perchè cmq rappresenta un grande centro di informazioni, anche banali, che so, cercare il significato di qualcosa!
Da un punto di vista tecnico, e’ il nodo che da cinque anni si sta cercando di risolvere, ma che ovviamente interessi contrapposti (soprattutto delle aziende più grandi) impediscono… Ma credo sia sempre un bene parlarne e discuterne e non lasciare che questi temi restino tra tecnici, visto che riguardano tutti. Da un punto di vista politico, la discriminante e’ sempre la “criticità” della condivisione…
Ovvero un commento, un distinguo, la partecipazione ai commenti, etc…
Oltre anche alla naturale “velocità media” dello share. Se io metto un articolo, e mediamente in tre giorni lo condividono in 200, ci stanno anche nella media punte di 500 condivisioni in due giorni…
Se in maniera sistematica ogni articolo nel primo giorno viene condiviso 2000 volte… Basta togliere quelle 2000 dai calcoli, perché significa che e’ un’operazione sistematica e tecnica, e non una reale l’ora di condivisione…
(questo e’ solo un esempio pratico di quello che normalmente i tecnici della comunicazione fanno per avere un indice realistico).
Il processo di aggregazione
Le dinamiche del processo di aggregazione sono tanto semplici quanto difficili da realizzare, e sono il vero motore dinamico e impagabile del “prodotto finale”. Avere infatti un numero più o meno rilevante di soggetti attivi perché convinti, significa anche avere un patrimonio di lavoratori non pagati, che diffonderanno un messaggio/contenuto difendendolo come proprio, e contemporaneamente generando accessi e massa critica di messaggi e interazioni.
1. le parole semplici e i sillogismi
noi siamo buoni e onesti > chi non è con noi non lo è
noi siamo per… > chi non è con noi non lo è
noi non apparteniamo a… > chi non è con noi non lo è
attraverso questo primo messaggio di ottengono due risultati: risultato immediato – aggregare soggetti che anche se non si conoscono tra loro si riconoscono in macro categorie offrire una prima replica collettiva – se non appartieni a questo gruppo è perché sei “un diverso da me”, quindi un antagonista.
2. “vince chi da spazio”
Nei gruppi sociali “normali” cercano, antropologicamente, di emergere delle figure di leadership. In una società esasperata e in cui “mancano spazi di sfogo” la tecnica del “lasciar parlare, lasciar fare, dare spazi gratis” ripaga perché aggrega chi vuole dire qualcosa, e candida un certo contenitore ad essere referente di “chi ha qualcosa che vuole dire e nessuno gli da spazio”.
3. evitare l’incontro diretto
…che genera leadership e mette in discussione la piattaforma di dialogo – non che le persone non si debbano incontrare mai, ma lasciare che il non luogo digitale resti il principale luogo. Più semplice da moderare, controllare e analizzare, il messaggio è “il web facilita le discussioni restando comodamente a casa propria, è facile e gratuito”.
4. evitare il dibattito orale
Una discussione è fatta di linguaggio verbale (10%) ma soprattutto di non verbale e para verbale – e questi fattori di comunicazione interpersonale sono gestibili si, ma non del tutto controllabili. Esistono corsi specifici per le persone che devono (o vogliono) parlare in pubblico. Non a caso, anche Filippo Pittarello “offre” corsi per i candidati da parte della Casaleggio.
Tutto normale, lo fanno tutti. Meno normale è che si indichi ai candidati di non parlare in pubblico.
5. soft e hard skills
Scegliere persone con poche competenze specifiche e “appeale mediatico”.
La dice lunga sulla manipolabilità.
6. evitare il confronto
…in un confronto si entra nel merito e si verifica il metodo. Ciò impedisce la gestione della comunicazione per messaggi semplici, e monologhi. Implica un’interazione difficilmente gestibile apriori. Implica il porre domande e dover rispondere.
Questi primi sei punti si raggiungono con altrettanti messaggi semplici da condividere in maniera non mediata.
“Chi ha una competenza specifica appartiene a una casta.”
“Se accettate il confronto nel merito legittimate l’avversario.”
“Nel confronto orale fate il gioco degli imbonitori di mestiere.”
“Nel dibattito loro vengono da anni di politica e fanno solo retorica.”
Il processo di difesa del gruppo
Un gruppo “da gestire” deve necessariamente essere tenuto “chiuso”. Se il gruppo si apre, dal confronto nasce il potenziale “mettere in discussione il metodo”. Per tenere un gruppo chiuso basta farlo sentire “sotto attacco”, e va tenuta sempre alta la tensione in questo senso. Un gruppo “sotto attacco” necessariamente (istinto di sopravvivenza) si stringerà su se stesso a difesa – apparentemente di sé – di fatto del “capo”.
[non esistono ad esempio elezioni in tempo di guerra che abbiano cambiato un governo in carica]. Anche qui la regola della comunicazione semplice è quella vincente, proprio perché si parla ad una “massa” diffusa ed eterogenea.
Ma il sistema va declinato in tre momenti complementari.
a. far sentire la pressione, e se non c’è, crearla o alimentarla
b. individuare dei nemici “generici” (es. giornalisti, professori, politici…) e indicare possibili interazioni tra gruppi di nemici generici (teoria del complotto, “la casta”…)
c. fornire “armi semplici e immediate” di risposta collettiva
Parlare di clima d’odio contro il M5S serve a questo, che poi ci sia davvero è meno importante, basta alimentarlo e “farlo percepire”; i complotti sono un messaggio “facile” nella storia italiana, abituata a massonerie e accordi di potere trasversali, dimostrarli in questo caso non è necessario, basta che “sia plausibile”; ecco le risposte più comuni e facilmente utilizzabili in ogni occasione:
“ci attaccano per difendere i loro interessi”
“se ci attaccano è perché abbiamo ragione”
“se ci attaccano è perché ci temono”
“sono membri della casta che combattiamo”
“la macchina del fango”
se scrive un professore universitario “è il mondo accademico dei baroni”
se scrive uno di un partito di destra o di sinistra “è schierato”
se lo fa un giornalista “i monopolisti dell’informazione” o “pennivendoli” (ndr. termine non inventato da Grillo ma dai NAR!!!)
se scrive un parlamentare “è della casta”
se è troppo vecchio “è vecchio” …
se è giovane “è troppo giovane” …
se scrive uno indipendente … “e questo chi è…”
Tuttavia l’effetto collaterale di “far chiudere un gruppo in se stesso” facendolo sentire sotto assedio, necessitando di frasi “violente” (vaffanculo, vi seppelliremo vivi, siete finiti, siete morti..), genera davvero nell’altro un sentimento “violento”. La necessità di fare gruppo sul “noi siamo gli onesti” implica – silloggicamente – che per definizione “tutti gli altri non lo siano”, e questa in sé è una “provocazione violenta”.
Il contenuto
Il prodotto finale – che nel caso di un partito politico è il programma elettorale – alla fine risente di tutto questo processo e di questo sistema di comunicazione. Nel caso del M5S il programma “scritto in rete da 800mila persone” (sic) è un documento di una decina di pagine in cui sono elencati dei titoli. Titoli che altro non sono che l’elenco dei temi caldi di cui abbiamo parlato all’inizio. Temi su cui, è ovvio, difficile se non impossibile (proprio per loro natura implicita) che la stragrande maggioranza della società non può non riconoscersi. Le differenze tra i partiti e i movimenti politici tuttavia no risiedono nel contenuto (per la maggioranza dei casi) ma nel metodo.
Ti candidi? Bene…
Vuoi “tagliare i costi della politica”? ottimo…
Svolgi il tema – non mi dare solo il titolo ad effetto. Ci si aspetterebbe ad esempio una divisione tematica, in cui ad esempio un gruppo leggesse il bilancio dello Stato e indicasse punto per punto cosa tagliare e perché e quanto… Se devo gestire “la cosa pubblica” e mi candido a questo, devo, ho l’obbligo morale e di serietà, dire come, quando, in che tempi…
Tutto questo, che può apparire un sistema “troppo semplice”, in realtà è molto complesso da realizzare. Occorre tempo, molto lavoro, e anni di “sociologia della rete”, di studio e sviluppo delle interazioni e dei gruppi da aggregare, di semantica, oltre che di creazione di siti, blog, contenuti e contenitori che in qualche modo, nel tempo, apparentemente tra loro isolati, costruiscono una macchina di consenso unitaria.
Grande Fratello?
No, semplice “comunicazione tossica”. Ed è virale e contagiosa.
Perché se porta risultati “utili” altri la imiteranno.
La sua origine? Il vuoto politico dei vecchi partiti.
L’incapacità di essere spazi di dialogo, mediazione e ricezione delle istanze delle persone. Che non incontrandosi più fisicamente e discutendo tra loro, finiscono con il ritrovarsi nel circuito di una comunicazione elettronica e mediata, costruita su linguaggi semplici, ancor più nell’unico spazio che apparentemente “da spazio e voce ai cittadini”.
Conta poco che i sondaggi elettronici messi online siano assolutamente manipolabili. Conta poco che tecnicamente puoi creare fake che modificano le presunte votazioni nei gruppi. Conta poco che si usi il metodo condorcet nelle presunte primarie. Quello che conta è che hai creato una macchina in cui “appare” che le persone partecipino attivamente, che abbiano la sensazione “a monitor” di essere attive, partecipi, protagoniste e che
qualcuno le ascolta.
E chiunque dica il contrario è un nemico. Perché priva le persone del “sogno” di uno spazio in cui “esistere”, in un modo che questo spazio non lo da…