Author Archives: PostMaster

Non credete alla favola dei figli che nascono con un debito di 35mila euro

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[pullquote]Bene, applicando la stessa formula ad esempio in Germania scopriamo che anche i cittadini tedeschi nascono con un fardello mica da ridere. Dividendo i 2.600 miliardi di debito pubblico nominale tedesco per la rispettiva popolazione (80 milioni) si ricava un debito individuale di 32mila euro. Quindi, secondo questa logica anche i genitori tedeschi dovrebbero preoccuparsi per i loro figli, subito affossati da una montagna di debito non appena nati.[/pullquote]

Ormai da tempo, e da più fonti, si sente spesso dire che ogni italiano ha un debito di 35mila euro. Per la stessa logica, ogni nuovo nato eredita questo pesante fardello, una sorta di peccato originale. Al primo respiro, se fosse cosciente, saprebbe che è già in debito di 35mila euro con lo Stato. In realtà, si tratta di una favoletta bella e buona, peraltro con venature horror, che cercherò in questo post di smentire, provando a tranquillizzare i genitori italiani…

Partiamo innanzi tutto dal dato: 35mila euro. Come si ottiene? Molto semplicemente dividendo l’ammontare del debito pubblico nominale italiano (2.100 miliardi) per la popolazione (60,8 milioni). Da cui si ottengono, dopo un piccolo arrotondamento, i fatidici 35mila euro!

Leggi l’articolo intero… http://www.alleyoop.ilsole24ore.com/2016/03/09/non-credete-alla-favola-che-vostro-figlio-nasce-con-un-debito-di-35mila-euro/?refresh_ce=1

Consumatori contro “servizio di salvaguardia” inserito nel ddl concorrenza: “Prezzi saliranno per tutti”

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Secondo il nuovo testo, i clienti che tra due anni non avranno scelto il proprio venditore verranno riforniti, per un periodo di transizione, da un “servizio di salvaguardia”. Le utenze verranno assegnate ai fornitori di energia attraverso aste, “a condizioni che incentivino il passaggio al mercato libero”. Postilla, quest’ultima, che prefigura un aumento dei prezzi (o un peggioramento della qualità) tale da indurre i consumatori a lasciare il servizio di tutela.

Nove associazioni hanno scritto a Renzi e al ministro dello Sviluppo, Federica Guidi: “Inaccettabile che in nome di una liberalizzazione di facciata ci si prepari a prelevare soldi dalle tasche dei cittadini per trasferirli a operatori che svolgeranno lo stesso servizio di prima, se non peggiore”. Stando alla nuova norma, chi nel 2018 non avrà scelto un fornitore sul mercato libero si vedrà assegnare quello che risulterà vincitore di un’asta… <<<leggi l’articolo>>>

L’abolizione del “mercato tutelato” nell’energia per famiglie e piccole imprese, prevista nel 2018, continua a essere al centro delle critiche dei consumatori. Anche perché, durante il percorso parlamentare, è stata inserita nel ddl concorrenza una norma che appare un vero e proprio paradosso e contraddice il concetto stesso di liberalizzazione. Con il rischio di un aumento delle bollette elettriche.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/03/05/bollette-consumatori-contro-servizio-di-salvaguardia-inserito-nel-ddl-concorrenza-prezzi-saliranno-per-tutti/2519476/

IVA for dummies

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L’IVA è un’imposta indiretta. Sono così definite tutte le imposte che si applicano alla ricchezza e al reddito nel momento in cui vengono trasferiti o consumati in quanto espressione indiretta della capacità contributiva di un soggetto. Al contrario, le imposte dirette si applicano direttamente al patrimonio e al reddito.

Il vantaggio delle imposte indirette è la loro facilità di determinazione e riscossione da parte dell’autorità fiscale. Lo svantaggio è che si tratta di imposte letteralmente inique (cioè non eque) perché colpiscono maggiormente le fasce fiscalmente meno capienti, e quindi più povere, della popolazione. Pertanto l’innalzamento delle imposte indirette (IVA in primis) produce un aumento della diseguaglianza economica, impoverendo i più poveri…

…leggi l’articolo intero > http://ilpedante.org/post/iva-for-dummies

Le produzioni di massa a basso prezzo contro le tipicità della Penisola

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Si è concluso venerdì il dodicesimo round della negoziazione sul Ttip. Eppure nessuno sa cosa ci sia nel testo: i contenuti sono segreti anche per i Parlamenti. E l’Italia rischia un vero disastro: le produzioni di massa a basso prezzo saranno favorite rispetto alle tipicità della Penisol… <<<leggi>>>

L’ampiezza degli argomenti e la profondità delle conseguenze che il Ttip potrà avere sulla nostra vita sono enormi: questo trattato commerciale non riguarderà questo o quel prodotto, ma praticamente tutti i prodotti e anche certi servizi, farà cadere non solo tutte le residue barriere doganali, ma anche le limitazioni che si frappongono a motivo di regolamentazioni diverse, frutto di anni di modifiche e messe a punto a volte sapienti. I danni prevedibili per le produzioni di qualità, le tipicità di cui il nostro Paese va orgoglioso, e da cui trae molto in termini economici, sono praticamente incalcolabili.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/02/28/trattato-usa-ue-sul-commercio-le-trattative-si-fanno-al-buio-e-la-democrazia-e-ridotta-a-zerbino/2497066/

Qualcos’altro sul TTIP in file pdf

Finanziamenti Comunitari – La finta solidarietà dell’unione europea

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[pullquote]…..Il cofinanziamento impone agli Stati che intendano beneficiare dei fondi comunitari di aggiungere alla quota proveniente dall’Europa una quota di risorse proprie, che vengono distratte da altri scopi… Come mette in luce l’autrice, molto spesso alla radice del mancato impiego dei fondi comunitari troviamo la mancanza di risorse per il cofinanziamento, piuttosto che una tara genetica del popolo italiano o della sua pubblica amministrazione…[/pullquote]

Condizionalità senza frontiere (quello che non dovevate sapere dei finanziamenti comunitari)

(…è uscito un libro che non dovete leggere. Si chiama Finanziamenti comunitari – Condizionalità senza frontiere. Lo ha scritto Romina Raponi e spiega come funzionano realmente i finanziamenti comunitari. Leggerlo nuoce gravemente alla salute. Gli effetti collaterali sono: esofagite, gastrite, insonnia, sindrome depressiva, problemi cardiovascolari. Io vi ho avvertito, voi fate come vi pare. Meglio conservarsi in salute, piuttosto che capire perché chi vi dice “eh, ma noi non riusciamo nemmeno a spendere i fondi europei!” è un perfetto imbecille. D’altra parte, quando non avevamo capito un cazzo, possiamo anche dircelo, stavamo tutti meglio… In ogni caso, quella che segue è la mia prefazione – così gli effetti collaterali li subite ugualmente!…)

“Ce lo chiede l’Europa!” Quante volte ce lo siamo sentiti dire, in questi ultimi anni? Col passare del tempo, però, la retorica patriottarda di questo ritornello (“siam pronti alla morte, l’Europa chiamò!”) si sta sgretolando. È la realtà a inseguire e raggiungere chi non sia stato già convinto per tempo dalle tante autorevoli analisi, come quella di Luciano Canfora (È l’Europa che ce lo chiede! Falso!, Laterza, 2013), o quella di Giandomenico Majone (Rethinking the unionof Europe post crisis, Cambridge University Press, 2014). Lo sfaldamento dei due pilastri della costruzione comunitaria (la libera circolazione dei capitali, cioè Maastricht, e la libera circolazione del lavoro, cioè Schengen) oppone ogni giorno all’esclamativo categorico del “ce lo chiede l’Europa!” una schiera di interrogativi: Europa chi? Europa come? Europa perché? Europa quando?

A scongiurare l’esercizio dello spirito critico interviene allora un grande classico della gestione paternalistica dei conflitti: il senso di colpa. “Ma come? Porre in questione l’Europa, proprio questa Europa che fa tanto per noi, con i suoi finanziamenti comunitari, quei finanziamenti che noi, Untermenschen, evidentemente non meritiamo, perché non siamo in grado nemmeno di spenderla, questa cuccagna, e sì che ci sarebbe preziosa per recuperare il nostro colpevole ritardo…”

Anche questo discorsetto lo avrete sentito fare, no?

FinanziamentiComunitari_RominaRaponiIl libro di Romina Raponi viene molto opportunamente a colmare un vuoto. Mentre, come abbiamo visto, non mancavano analisi accurate dell’esclamativo categorico (“l’Europa chiamò!”), la favoletta deamicisiana (“Franti, tu uccidi l’Europa che ti eroga i finanziamenti comunitari!”) non era ancora stata oggetto di adeguato scrutinio scientifico. Non erano mancati, in testi più divulgativi come Non vale una lira di Mario Giordano (Mondadori, 2014), cenni di divertita (e documentata) insofferenza verso il mito dei finanziamenti comunitari, destinati ovunque (non solo in Italia) a scopi dalla logica non sempre immediatamente intelligibile. E non era mancata, nello stesso testo, e con sempre maggior frequenza nei media di regime, un’amara sottolineatura del fatto che in fondo noi non dovremmo sentirci in colpa con l’Europa, visto che in ogni caso siamo suoi contribuenti netti (ovvero, le versiamo, a spanna, oltre 5 miliardi in più di quanti ce ne ritornino).

Attenzione: quest’ultimo dato colpisce (come colpiscono gli aneddoti, meno estemporanei di quanto si creda, sulla curvatura dei cetrioli o sullo zoo per coccodrilli in Danimarca, oggetto della perfidia di Giordano), ma in fondo non dovrebbe sembrare anomalo. L’Italia è (o meglio, prima dell’euro, era) un paese relativamente avanzato nel consesso europeo, e sarebbe quindi stato del tutto fisiologico che, in un’ottica di comune e solidale percorso verso un radioso futuro, essa contribuisse in termini netti allo sviluppo degli altri paesi europei, quelli meno avanzati. Ecco, parliamo un po’ di solidarietà… Perché è proprio se si affronta il tema sotto questo profilo, come l’autrice fa con lucidità analitica e perizia documentale, che ci si rende conto che le cose stanno molto, ma molto peggio di come aneddoti e saldi (entrambi negativi) ce le dipingono.

In effetti, che l’Europa (?) non nasca sotto il segno della solidarietà a un economista dovrebbe essere immediatamente evidente. Ho chiarito nei miei scritti che questo orientamento traspare dalla scelta di articolare la politica di bilancio sul concetto di “convergenza” (intesa come rispetto di parametri di bilancio fissi), anziché di “integrazione”. Integrazione, in economia, significa in generale abbattimento dei costi di transazione. L’integrazione fiscale è quindi l’abbattimento dei costi di transazione (costi economici e politici) delle politiche di trasferimenti fra aree in espansione e aree in recessione, trasferimenti necessari per un equilibrato percorso di crescita comune. Penso sia chiaro anche ai non tecnici che costringere paesi diversi ad avere la stessa politica di bilancio (convergenza) è cosa ben diversa dal creare un meccanismo (un bilancio federale) che funga, come negli Stati Uniti, da “camera di compensazione” automatica degli squilibri macroeconomici fra enti federati (integrazione). Il primo approccio, e la crisi lo ha dimostrato, amplifica gli squilibri, anziché compensarli, perché obbliga a tagli chi si trova in crisi (le famose politiche procicliche o di austerità – che poi sono procicliche verso il basso, visto che se chi è in crisi deve tagliare, chi non lo è ben si guarda dallo spendere per contribuire alla crescita comune: altro chiaro segno di asimmetria e di mancanza di solidarietà).

Ma l’analisi giuridica del fenomeno consente di andare oltre. Da essa emerge chiaramente come i finanziamenti comunitari, concepiti come strumento di compensazione degli squilibri fra paesi membri (strumento di cui l’autrice rileva il carattere necessariamente imperfetto perché esiguo rispetto al compito proposto; perché legato unicamente a parametri dimensionali – il peso del paese sul totale del Pil europeo – e non ai fondamentali macroeconomici – ad esempio, il saldo estero del paese; perché a vocazione strutturale e non congiunturale, e quindi incapaci di offrire protezione efficace contro shock avversi come quelli determinati dalla crisi finanziaria), siano nella prassi un meccanismo di amplificazione di questi squilibri, amplificazione che interviene attraverso il ricorso ai due principi di cofinanziamento e condizionalità.

Il cofinanziamento impone agli Stati che intendano beneficiare dei fondi comunitari di aggiungere alla quota proveniente dall’Europa una quota di risorse proprie, che vengono distratte da altri scopi, pur entrando, ovviamente, nel computo della spesa pubblica. Si realizza così un paradosso della virtù: chi vuole virtuosamente profittare della manna europea deve, ahimè, mettere in conto di incrementare viziosamente la propria spesa pubblica (a meno che non decida di tagliare altri servizi). Come mette in luce l’autrice, molto spesso alla radice del mancato impiego dei fondi comunitari troviamo la mancanza di risorse per il cofinanziamento, piuttosto che una tara genetica del popolo italiano o della sua pubblica amministrazione (secondo la linea interpretativa propostaci dei nostri media). Ora, dato che l’erogazione di fondi è articolata su cicli di programmazione pluriennale decisi in modo più o meno cooperativo nelle sedi europee, cicli che quindi non necessariamente, o non interamente, rispecchiano le imminenti priorità strategiche dei singoli paesi, la conseguenza alla quale giunge in modo difficilmente oppugnabile l’autrice è che in realtà i fondi comunitari sono un meccanismo particolarmente subdolo di controllo da parte dell’Europa delle politiche di spesa dei paesi membri.

A questo condizionamento implicito, si aggiunge anche una esplicita condizionalità, intesa nel senso infausto che a questo termine ha dato la prassi del Fondo Monetario Internazionale all’epoca del Washington Consensus. L’erogazione delle risorse “comunitarie” viene subordinata non solo al reperimento delle risorse per cofinanziare i progetti, ma anche al conseguimento di obiettivi programmatici specifici. Insomma: ti do i soldi non solo se ci fai quello che dico io, non solo se ce ne metti su altrettanti, ma anche se hai fatto il bravo. Dove, peraltro, “fare il bravo” per Bruxelles significa essenzialmente tagliare, obiettivo incompatibile, come abbiamo già ricordato, con la richiesta di cofinanziamento.

A questo punto non stupisce che abbia espresso perplessità su questo meccanismo anche un economista pienamente mainstream come Roberto Perotti, uno dei falchi della cosiddetta “austerità espansiva”, cioè dell’idea, fortissimamente sponsorizzata dalla Commissione e dalla Bce, che chi “fa la cosa giusta” (cioè taglia) verrà poi premiato dal mercato. Secondo Perotti, forse l’Italia risparmierebbe, se invece di far circolare le somme per Bruxelles le spendesse in proprio. Se perfino un “Bocconi boy” (definizione di Oddný Helgadóttir nel Journal of European Public Policy del 2015) giunge a una conclusione che, in sede politica, abbiamo sentito articolare esplicitamente solo a Marine Le Pen (ma a porte chiuse a qualsiasi politico italiano), è chiaro che qualcosa non torna.

Il testo di Romina Raponi si presenta quindi come tappa fondamentale nel percorso, che necessariamente dovremo affrontare, di decostruzione del mito irenico ed escatologico dell’Europa che dà la pace e la prosperità, di doloroso ma imprescindibile abbandono dell’europeismo del “dover essere” (come lo definisce Alfredo D’Attorre), di elaborazione di un lutto col quale dobbiamo fare rapidamente i conti, allo scopo di evitare che più gravi lutti vengano a turbare in modo irrimediabile il percorso comune dei popoli europei.

http://goofynomics.blogspot.it/2016/02/condizionalita-senza-frontiere-quello.html

http://orizzonte48.blogspot.it/2016/02/finanziamenti-comunitari-condizionalita.html

 

UE non è altro che l’unione del capitale dei paesi europei dominanti

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D: Syriza ha collegamenti espliciti con il capitale?

R: Chiaramente. Adesso è evidente. Un anno fa non era così. La borghesia greca è divisa in varie fazioni; tuttavia, c’è una grande divisione all’interno del grande capitale. Da un lato, ci sono i cosiddetti «nuovi gruppi emergenti» che sono cresciuti alla fine degli anni ’80 e all’inizio degli anni ’90 sotto l’amministrazione PASOK di Simitis e dopo Nuova Democrazia. Dall’altra parte ci sono i più anziani beneficiari delle amministrazioni PASOK di Andreas Papandreou. Questi ultimi sono diventati i perdenti con l’ascesa dei nuovi. Queste vecchie frazioni del capitale hanno dato sostegno a Syriza, all’inizio di nascosto. Una volta che Syriza è stata eletta, anche l’altra fazione ha iniziato a giocare una partita scontro-e-negoziazione con Syriza…

…continua su >

http://vocidallestero.it/2016/02/20/perche-siyriza-sta-colando-a-picco-in-grecia/

L’incubo no cash e il teorema di Pangloss

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Delle tante pessime idee escogitate dalla civiltà occidentale per autodistruggersi l’abolizione del denaro contante è forse la più folle e pericolosa. I pretesti variano secondo l’inclinazione del gregge: in Italia si dice per fermare l’evasione e all’estero – nientemeno – per sconfiggere il terrorismo e le mafie.

Ovviamente in un’ipotetica società cashless gli evasori e i criminali continuerebbero a frodare il fisco e a muovere miliardi truccando bilanci, creando società di comodo e corrompendo funzionari e politici, esattamente come fanno oggi. E i ladri troverebbero altri modi per rubare, esattamente come ne hanno già trovati. Le cose cambierebbero invece per tutti gli altri, quelli che non avendo conti in Lussemburgo e/o inclinazione al crimine non potranno più proteggere la propria ricchezza dalle crisi finanziarie e dall’arbitrio dei governi

…continua su > http://www.ilpedante.org/post/lincubo-no-cash-e-il-teorema-di-pangloss/

Il TTIP “Sa di Totalitarismo”

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Dopo le crescenti proteste sul TTIP è stato concesso ai membri del Parlamento nazionale tedesco di poter vedere i testi, previa richiesta e registrazione. Sputnik riporta l’esperienza di Katja Kipping, deputata tedesca di Die Linke, già molto critica sul trattato. I documenti, che vengono tenuti nella massima riservatezza dalle istituzioni europee e americane che li stanno stilando, sono resi accessibili con estreme limitazioni solo ai parlamentari (ma di fatto a condizioni che rendono impossibile una loro discussione in Parlamento). Dopo la ratifica varranno al di sopra della legge degli Stati, e il loro impatto sulle nostre condizioni di vita e di lavoro, e sugli standard ambientali, semplicemente non è prevedibile — perché non sappiamo nulla, il linguaggio in cui i testi sono scritti è poco decifrabile, e comunque ai parlamentari che li leggono è imposta la condizione di non divulgarne alcun dettaglio... <<<leggi>>>

Il TTIP “Sa di Totalitarismo”, Parlamentare Tedesca Vede i Testi

Una cloaca chiamata UE

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Nel 2005-2008 gli istituti manipolarono l’indice Euribor. Senza il documento, i ricorsi sono bloccati: solo ai clienti italiani sarebbero stati scippati 16 miliardi di euro…

La faccenda è talmente grossa che Commissione Europea e governi nazionali – normalmente pronti alla zuffa su tutto – hanno trovato facilmente una tacita intesa sullo stendere un velo di silenzio e scansare il problema. E si capisce il perché: secondo Il Sole 24 Ore la manipolazione dell’Euribor riguarda una massa di prodotti finanziari (dai derivati ai mutui casa) superiore ai 400 mila miliardi di euro, circa 200 volte il debito pubblico italiano. Se le banche europee dovessero restituire anche solo l’1 per cento di quella cifra, si troverebbero di fronte un conto da 4 mila miliardi di euro… <<<leggi>>>

http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/02/14/tassi-sui-mutui-truccati-leuropa-non-pubblica-provvedimento-contro-le-banche-istituti-in-pericolo/2464570/

 

ISLANDA: DISOCCUPATI AL 2 PER CENTO. SENZA UE

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Come ce l’hanno fatta gli islandesi?

Semplice. “Non avremmo potuto uscire dal disastro se fossimo stati nembri dell’Unione Europea”, ha spiegato il primo ministro Sigmundur Davíð Gunnlaugsson. La fortuna aggiuntiva è di non essere entrati nell’euro ma aver la loro moneta sovrana. “Se i debiti fossero stati in euro, se fossimo stati obbligati (dalla UE) a fare come l’Irlanda o la Grecia, e prenderci carico delle banche fallite, ciò avrebbe affondato la nostra economia”… <<<leggi>>>

ISLANDA: DISOCCUPATI AL 2 PER CENTO. SENZA UE.