Author Archives: PostMaster

QED 18: Frenkel goes to Slovenia

Published by:

La Slovenia è entrata nell’Unione Europea nel 2004 e ha adottato l’euro nel 2007. Notate che entrando nell’Unione Europa la Slovenia ha automaticamente adottato l’ERM II (Exchange Rate Mechanism), il meccanismo di fluttuazione “controllata” del cambio ereditato dallo SME. Insomma, avrete capito: nel 2004 la Slovenia diventa “credibile”. Cosa succede quando un paese diventa “credibile”? <<<leggi>>>

http://goofynomics.blogspot.it/2013/01/qed-18-frenkel-goes-to-slovenia.html

Cesare Pozzi

Published by:

Cesare Pozzi è docente di Economia Applicata presso l’Università di Foggia. Insegna dal 1992 presso la Luiss “Guido Carli” di Roma, dove attualmente è docente di Economa dell’Impresa; sempre presso la stessa Università dal 2009 fa parte del collegio dei docenti del dottorato in Diritto ed Economia e dal 2010 è condirettore del Master in Management e Regolazione dell’Energia Sostenibile (MRES). Dal 1997 è coordinatore del GRIF “Fabio Gobbo”, Gruppo di Ricerche Industriali e Finanziarie, presso cui si occupa di regolamentazione e tutela della concorrenza, analisi di settore e problematiche economico gestionali di impresa. Dal 2007 al 2008 è stato consulente della Presidenza del Consiglio dei Ministri in materia di infrastrutture e trasporti. Oltre alle iniziative organizzate direttamente come coordinatore del GRIF, partecipa come relatore a numerosi convegni. Svolge un’intensa attività pubblicistica, sia in ambito scientifico dove tra l’altro è condirettore de “L’industria – Rivista di Economia e Politica Industriale” edita da Il Mulino, sia in ambito divulgativo collaborando con articoli di opinione e su quotidiani e periodici italiani.

>

>

>

http://orizzonte48.blogspot.it/2013/11/appendice-di-pescara-la-parte-non-detta.html

>

 

Goofynomics #1

Published by:

Euro, mercati, democrazia
Scenari e proposte per superare la crisi
1º Dicembre 2012, Facoltà di Economia, Università Gabriele d’Annunzio
  • la relazione fra euro, crisi economica e crisi della democrazia
  • i percorsi di uscita dalla moneta unica
  • le conseguenze macroeconomiche dell’uscita per i paesi dell’Eurozona
  • l’euro: da moneta unica a moneta comune?
  • l’integrazione economica europea oltre la moneta unica

>

>

>

>

>

>

>

Il tramonto dell’euro

Published by:

Ne “Il tramonto dell’euro” Alberto Bagnai muove guerra ai luoghi comuni sull’economia che imperversano ormai da tempo in qualsiasi talk-show televisivo. La crisi della zona euro è prima di tutto una crisi politica, che discende dalla mancata volontà dei partecipanti di trovare soluzioni cooperative. Ecco perché può esistere un nuovo “europeismo antieuro”.

di Gennaro Zezza*

A giudicare dalla frequenza delle ristampe, “Il tramonto dell’euro” (euro 17, pp.414), scritto da Alberto Bagnai per Imprimatur, sta avendo un meritato successo. Il libro riorganizza ed integra l’analisi della situazione dell’area euro che l’autore ha costruito progressivamente sul suo blog (goofynomics.blogspot.it) nel corso di diversi mesi, stimolando interessanti dibattiti con i lettori del blog stesso.

Il blog ed il libro partono da una constatazione molto condivisibile: il dibattito sui temi economici che arriva dai mass media in Italia è talmente distorto, ideologico e in contrasto con i dati, da rendere urgente operazioni di divulgazione che ristabiliscano semplici verità, spesso di una banalità sconcertante: il titolo del blog, goofynomics da Goofy, il nome americano di Pippo, deriva da una battuta del personaggio Disney: “È strano come, vista dal basso, una discesa somigli ad una salita”. Passando all’economia, lo stesso principio si traduce nel fatto che un taglio della spesa pubblica (denaro in uscita) è un taglio dei redditi (denaro in entrata) di qualche dipendente o fornitore pubblico; il debito pubblico è anche credito, ossia ricchezza, per qualcun altro; se una moneta si svaluta ce n’è un’altra che si rivaluta, e così via.

Armato di queste semplici verità, oltre che di sedimentati modelli interpretativi, ne “Il tramonto dell’euro” Bagnai muove guerra al “luogocomunismo”, un suo neologismo che sintetizza posizioni sentite fino allo sfinimento in qualsiasi talk-show televisivo, ma anche nelle dichiarazioni di molti politici, a destra come a sinistra.

Si incomincia col demolire la “beatificazione” degli investimenti esteri, che tutti sembrano desiderare dimenticando che questi investimenti non sono altro che l’acquisizione di società italiane profittevoli (difficilmente gli investitori esteri fanno beneficenza), cui seguiranno in futuro riduzioni nel reddito nazionale, quando i profitti verranno trasferiti al nuovo proprietario all’estero.

Si passa poi a ricordare che un Paese che basi la sua crescita sulle esportazioni, generando un surplus commerciale, ha bisogno di almeno un altro Paese disponibile ad avere un deficit commerciale. Squilibri commerciali si rispecchiano in squilibri finanziari: se l’Italia compra più merci dalla Germania di quante non riesca a venderne, vedrà aumentare il suo debito estero netto. Il surplus commerciale si può sostenere solo fin quando il Paese in surplus è disposto a finanziare i suoi partners. E una volta creati gli squilibri commerciali, se si pretende che i debitori rimborsino i loro debiti, i Paesi in deficit dovranno sottrarre risorse da indirizzare all’estero, generando una recessione che a sua volta ridurrà gli acquisti dal Paese in surplus, che a sua volta vedrà sì aumentare i redditi dei creditori, ma vedrà anche crollare le vendite delle sue imprese. Né si può proporre a tutti i Paesi in deficit di adottare a loro volta politiche di crescita basate sulle esportazioni: se tutti esportano, chi acquista?

Bagnai demolisce poi la demonizzazione delle svalutazioni, mostrando che in Italia queste sono servite – prima dell’euro – a ripristinare perdite di competitività, piuttosto che come politiche commerciali aggressive, e che il loro impatto sull’inflazione è stato modesto.

Fatta piazza pulita dei luogocomunismi, Bagnai mostra come l’impianto istituzionale che governa la zona euro sia destinato al fallimento, come già autorevoli economisti avevano previsto prima della sua istituzione, per la mancanza di meccanismi di aggiustamento a fronte degli inevitabili squilibri che emergono in un’area che adotta una valuta unica ma che ha tassi di inflazione e livelli di sviluppo differenti, e mercati del lavoro non integrati. Se i Paesi dell’area euro avessero voluto effettivamente perseguire gli obiettivi dell’unificazione, in primis garantire lavoro e benessere ai cittadini europei, le priorità politiche sarebbero state altre, e non si sarebbero tollerate politiche neo-mercantiliste che non potevano che generare squilibri insanabili. La crisi della zona euro è quindi prima di tutto una crisi politica, che discende dalla mancata volontà dei partecipanti di trovare soluzioni cooperative.

Stando così le cose, è inevitabile il tramonto dell’euro ed il ritorno a valute nazionali, con una previsione di svalutazione della neo-lira dell’ordine del 20% sul neo-marco, o meglio con un modesto apprezzamento del neo-marco sulle altre valute della periferia. Con il ritorno a valute nazionali è possibile – ma non scontato – il ritorno alla sovranità monetaria e alla possibilità di finanziare deficit pubblici a basso costo, come già in Italia fino al “divorzio” del 1981 tra banca centrale e Tesoro. Ripristinando il controllo sulle modalità del finanziamento dei deficit pubblici, si può finalmente tornare ad indirizzare la politica economica verso quella che ci sembra la priorità assoluta: l’eliminazione della povertà e della disoccupazione.

Quel che ho apprezzato in particolare ne “Il tramonto dell’euro” è lo spirito di fondo davvero europeista, e lo sforzo di proporre nuove istituzioni – in particolare nuovi meccanismi di gestione delle valute – che consentano la cooperazione tra i Paesi europei verso uno sviluppo equilibrato dei singoli Paesi. Cosa ben diversa dalla attuale contrapposizione mediatica tra “europeisti”, che nel difendere le attuali istituzioni europee perpetuano meccanismi di salvaguardia dei creditori (i sistemi finanziari dei Paesi centrali) a danno dei Paesi periferici, con le conseguenze che abbiamo sotto gli occhi in Grecia, Portogallo, Spagna e sempre di più anche in Italia, e “populisti” che nel contrapporsi ai primi fanno leva su sentimenti nazionalisti che dubito possano essere sufficienti a risolvere gli attuali problemi europei.

Il libro è scritto in modo brillante, e con un approccio divulgativo che, ci auguriamo, sarà utile a farne un punto di riferimento importante nel dibattito italiano.

* Dipartimento di Economia e Giurisprudenza, Università degli studi di Cassino e del Lazio Meridionale (14 dicembre 2012)

Articolo tratto da Micromega del 14 dicembre 2012, “Abbandonare l’Euro per ritrovare l’Europa

Un altro commento del libro a cura di Sergio Cesatatto su Politica&EconomiaBlog del 3 aprile 2013

 

LINK al capitolo del libro tagliato per motivi di spazio: “Il romanzo di centro e di periferia”

L’Italia schiava del totem debito/Pil

Published by:

Da quando è cominciata la crisi mondiale l’Italia è il Paese dei paradossi. Tra le poche economie (con Germania e Francia) a non aver “peccato” negli anni Duemila con una bolla immobiliare-finanziaria, ha sofferto più di tutte (assieme a Germania e Giappone) un forte calo del Pil nel 2009… <<<leggi>>>

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-10-25/litalia-schiava-totem-debitopil-080736.shtml?uuid=AbWy8awG

Corruzione: costa davvero 60 miliardi?

Published by:

La cifra è virale. Non c’è post, articolo, dossier sul tema della corruzione che non la ripeta. Si trova su Repubblica, Libero, il Sole 24 Ore e, sì, anche sul Fatto Quotidiano. E’ approdata perfino all’estero: c’è cascata la Reuters, e perfino il Washington Post. Insomma, sembra essere diventata una delle poche certezze in Italia – non da esserne fieri – che la corruzione nelle pubbliche istituzioni costi 60 miliardi di euro ogni anno, ossia il 3% del prodotto interno lordo italiano. Quasi il triplo della manovra ‘salva-Italia’... <<<leggi>>>

http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/10/22/corruzione-costa-davvero-60-miliardi/389142/

http://www.funzionepubblica.gov.it/media/1052330/rapporto_corruzione_29_gen.pdf

La Slovenia non è più “virtuosa”, pronta a chiedere aiuti a Bruxelles

Published by:

Il paese era entrato nell’area euro nel 2007 accompagnato da lodi sperticate sullo stato di salute delle finanze. Ora all’interno dell’esecutivo di Lubiana si è creata una divergenza tra chi crede nel salvataggio, il ministro delle Finanze, e chi pensa, come il primo ministro, che a ottobre sarà bancarotta… <<<leggi>>>

http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/09/10/slovenia-non-e-piu-virtuosa-pronta-a-chiedere-aiuti-a-bruxelles/347526/

Spagna, Rajoy: “Taglio tredicesime agli statali”

Published by:

flags_of_SpainAumento di tre punti dell’Iva dal 18 al 21% e soppressione della tredicesima per parlamentari, impiegati e alte cariche dell’amministrazione pubblica. Queste alcune delle misure di austerity che il premier spagnolo, Mariano Rajoy, ha annunciato in Parlamento, con l’obiettivo di ridurre il deficit di 65 miliardi di Euro in due anni e mezzo. I dipendenti pubblici avranno anche meno giorni di ferie e verranno ridotti i permessi sindacali… <<<leggi>>>

http://www.tgcom24.mediaset.it/economia/articoli/1052219/spagna-rajoy-taglio-tredicesime-agli-statali.shtml

Infatti… http://it.tradingeconomics.com/spain/gdp-per-capita

 

Ma i tedeschi hanno più debito degli italiani

Published by:

L’Italia – credibilità del Paese e della sua classe politica a parte – ha oggi un debito pubblico del tutto simile, quanto a sostenibilità, ai debiti di altre economie ritenute più “virtuose”. Se si rapporta il debito pubblico alla ricchezza finanziaria privata e non al Pil, i titoli italiani non dovrebbero essere considerati meno sicuri di quelli di Germania e Francia…. <<<leggi>>>

http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2012-07-01/tedeschi-hanno-debito-italiani-173722.shtml?uuid=AbfQPD1F&p=2

Unicef: in Grecia 439mila bambini soffrono la fame per la crisi

Published by:

Secondo l’indagine, «La condizione dell’infanzia in Grecia, 2012», in questo Paese sono ormai 439.000 i bambini che vivono al di sotto della soglia di povertà – malnutriti e in condizioni malsane – in famiglie che rappresentano il 20,1% del totale. Per soglia di povertà si considera il reddito minimo che una famiglia di quattro persone tipo deve guadagnare ogni mese per pagare affitto e generi di prima necessità, come alimenti, trasporti, vestiario e istruzione… <<<leggi>>>

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-04-06/unicef-grecia-439mila-bambini-192328.shtml?uuid=AbZAS9JF